Chi è Bashar al-Assad? E’ corretto dire che la Siria è retta in modo autocrate e autoritario da una famiglia? L’illustratore Andy Warner ci guiderà nella storia di questo clan, da 43 anni legata in modo indissolubile alle sorti del Paese.
Torna la protesta delle donne saudite contro il divieto di guidare
In Arabia Saudita le donne, o almeno alcune di loro, ci riprovano. È stato annunciato infatti per il 26 ottobre il prossimo “driving day”, ovvero la giornata di protesta “al volante” per chiedere l’annullamento del divieto per le donne di guidare.
In Iraq una "lettura di massa" per andare oltre la violenza
In Iraq scoppiano bombe quasi tutti i giorni in queste ultime settimane. Le decine di morti si accumulano con un ritmo ormai quotidiano, riuscendo ormai raramente a conquistare le prime pagine dei giornali internazionali. Le spietate regole giornalistiche stabiliscono infatti che se una notizia, per quanto tragica, continua a ripetersi, non è più una notizia. Ma non c’è solo violenza, odio e sangue da raccontare in questi giorni in Iraq.
L'incredibile vicenda dei rifugiati afghani in Siria
Di Basir Ahang per Frontierenews.it
La questione dei "Bidoun" senza cittadinanza in una intervista realizzata da una nostra lettrice
Introduzione alla questione dei Bidun Jinsiiya (senza cittadinanza) del Kuwait.
Un nostro lettore da Beirut ci racconta cosa c'è dietro il nuovo documentario denuncia sulla chirurgia estetica in Libano
Quella libanese è una società per certi versi molto attaccata alle apparenze. A tutta prima, però, non avrei certo immaginato che si trattasse del paese col maggior numero di interventi estetici annuali per abitante in tutto il Medio Oriente (e secondo alcuni in tutto il mondo). Si stima infatti che in Libano si eseguano circa un milione e mezzo di interventi estetici all'anno, il che, su una popolazione di circa 4,2 milioni, non è proprio poco.
Un guerrigliero siriano si racconta
Intervista realizzata da @Valevange per Frontierenews
Con un tweet il presidente iraniano augura buon capodanno agli ebrei
Mentre venti di guerra soffiano da Washington verso Damasco sempre più minacciosi, dallo “stream” di Twitter un sorprendente messaggio di conciliazione viaggia da Teheran per giungere, anche se un po’ indirettamente, a Tel Aviv. Ieri sera il nuovo presidente iraniano Rouhani ha infatti twittato un augurio speciale per gli ebrei di tutto il mondo in occasione della festività dello Rosh Hashanah, il capodanno ebraico.
Dopo Taksim è la volta di piazza Karakoy
Sparita dietro le gravi notizie che giungono da Siria e Egitto la Turchia continua a essere attraversata dalle tensioni tra oppositori e sostenitori del governo. Due nostre lettrici raccontano gli ultimi sviluppi (...)
Moda ed estetica in Iran e Iraq oltre gli stereotipi
La moda cambia. In Italia, forse questo lo sappiamo meglio che in qualunque altro paese del mondo. Ciò che forse non sappiamo è che questa regola aurea vale anche per alcuni paesi che riteniamo meno avvezzi ai diktat capricciosi delle mode e dell’estetica. Tra questi l'Iraq e l'Iran.
Una nuova carriera si prospetta per il presidente iraniano uscente
Mentre fervono i preparativi per la cerimonia di inaugurazione del mandato presidenziale di Hassan Rouhani – che si svolgerà a Teheran il 4 agosto prossimo – l'Iran si interroga su quale futuro attenda il presidente uscente Mahmoud Ahmadinejad. Se nei giorni scorsi si speculava su un suo possibile ingresso nel campo dell'editoria, con l'apertura di un proprio giornale, in questi giorni sembra essere invece arrivata una prima indicazione precisa sulla futura occupazione del “presidente con l'elmetto”.
Una testimoniana su padre Paolo dall'Oglio
Le notizie sono ancora poche e non confermate, ma “Abuna” Paolo sarebbe stato rapito. Un prete italiano che per molti, non solo in Italia, è diventato una specie di simbolo della ricerca di pacificazione in Siria. In poco più di un anno, dopo essere stato cacciato dalla Siria dal regime di Assad, ha girato infinite città e paesi, parlando di un conflitto civile sempre più lontano dalle nostre televisioni e, per questo, spesso anche dalle nostre coscienze.
Quattro anni dopo la strage di Bar No’ar, un tragico racconto dai quartieri poveri di Tel Aviv
Sono passati quasi 4 anni esatti dall’1 agosto 2009, qundo un uomo si presentò al Bar No’ar, un locale nel centro di Tel Aviv frequentato soprattutto da giovani omosessuali, e cominciò a sparare sulla folla. 2 morti, molti feriti e un paese sotto shock. Israele, abituata a subire attentati da sempre, si ritrovò, forse per la prima volta, con un atto terroristico di matrice totalmente interna. Ma non fu solo l’aggressione in sé; ciò che accadde dopo fu quasi altrettanto grave.
Sono già oltre 100 i morti negli scontri avvenuti in seguito alla deposizione di Mohammed Morsi. Le vittime per ora si contano soprattutto fra i sostenitori dei Fratelli Musulmani e dell’ex raìs, ma i gruppi islamisti non sono l’unico bersaglio della repressione dell’esercito e delle forze di sicurezza egiziane.
Le guerre, si sa, non si vincono solo con le armi. Anche la propaganda ha un ruolo fondamentale, soprattutto se serve a conquistare le menti e i cuori della gente che vive in territori contesi fra le forze in campo. È questo il caso del popolo di Aleppo, in Siria, dove da mesi si confrontano l’esercito regolare del regime di Bashar al-Asad e le forze ribelli.
Boom di nascite tra i rifugiati siriani in Giordania
Mentre in Inghilterra una giovane coppia festeggia la nascita del loro primo figlio sotto i riflettori del mondo, anche a Zaatari, il più grande campo giordano per profughi siriani, l’attenzione è concentrata sulle nascite. Sono dalle 100 alle 130 al giorno, ed entro la fine del 2013 potrebbero arrivare a circa 30.000 in un campo che al momento ospita circa 160.000 persone.
Si chiamerà “Al-Mar’a”, “le donne”, e inizierà a trasmettere nel 2014.
“Haram”… “vietato”, o “peccato”, una delle prime parole che si imparano viaggiando in un paese arabo o musulmano. È diventata una parola internazionale, utilizzata dai fedeli della religione islamica in tutto il mondo a prescindere dalla loro lingua d’origine.
In momenti di grandi entusiasmi nazionalisti, come dopo l’unificazione italiana o la fondazione della Repubblica, era normale anche nel nostro paese incontrare persone che, in un impeto di orgoglio nazionale, avevano chiamato la propria figlia, appunto, Italia. Girando tra i villaggi nostrani è ancora possibile incontrarne alcune di queste signore “Italia”, ormai anziane, ma il nome è da tempo passato di moda, insieme, forse, a un po’ dello spirito nazionale.
In una guerra che ha fatto più di 100 mila morti e milioni di sfollati cosa potrà mai significare l’iniziativa di un corso di calcio all’interno di un campo per profughi siriani in Giordania? Non molto a dire il vero, ma è giusto parlarne soprattutto perché i campi per i profughi siriani – e soprattutto quelli in Giordania – lungo questi due lunghi anni di conflitto sono stati al centro di storie tristi, tragiche, spesso frutto di negligenza e sfruttamento.
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